"Rischiamo di perdere la sanità pubblica". VIDEO

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4 maggio 2024 Gabriele Franzini

Cristina Marchesi, direttore generale dell'Ausl, ha spiegato a Decoder che il sottofinanziamento della sanità pubblica apre le porte a un ritorno all'epoca in cui il diritto alla salute non era garantito né uguale per tutti, ma era legato alla professione di ciascuno attraverso le casse mutue

REGGIO EMILIA - "I modelli non sono poi tanti: c'è quello delle assicurazioni e c'è quello universalistico, che abbiamo noi. E' una conquista così importante che dovremmo essere tutti consapevoli del valore che ha e di cosa possiamo perdere".

Cristina Marchesi, direttore generale dell'Ausl, sa bene cos'era la sanità prima dell'istituzione del Servizio sanitario nazionale nel 1978: la madre la partorì in casa perchè la mutua dei genitori, commercianti, non pagava l'assistenza al parto in ospedale. Per questo condivide in pieno le preoccupazioni di quattordici tra i più importanti scienziati italiani, che hanno firmato recentemente un appello per chiedere in sostanza alla politica di salvare la sanità pubblica. Secondo la Marchesi, il problema numero uno, quello da cui tutti gli altri discendono, è la carenza di finanziamenti. E' vero, dice, che nel 2024 alla sanità sono stati destinati 3 miliardi in più. "Però questi 3 miliardi saranno assorbiti dai rinnovi dei contratti di lavoro, quindi non c'è margine per gli investimenti, mentre le esigenze crescono sempre di più".

La carenza di medici è una questione seria, che può essere superata non cancellando il numero chiuso, ma ritarandolo sulla base delle esigenze. Drammatica poi è la carenza di infermieri, "che è più grave di quella dei medici ed è più difficile da risolvere". In molte regioni la sanità privata sta già cannibalizzando quella pubblica. Succede anche a Reggio? "Noi siamo una realtà che ha poco privato. Abbiamo due cliniche e dei poliambulatori. Sul totale della sanità reggiana il privato vale il 15%, se ci arriva. Adesso un po' di più nell'ambulatoriale, perché ci sta dando una mano importante".

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