Ticket per entrare a Venezia, ha pagato solo uno su dieci

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VENEZIA. Come per un parco giochi. Come per un museo. Come per una città sotto assedio turistico. Ieri, per la prima volta, per fare un giro a Venezia bisognava pagare il biglietto. «Contributo di accesso alla città», c'era scritto sulla pettorina degli impiegati comunali chiamati a verificare il pagamento.

Cinque euro, tanto per incominciare. «Ho l'esenzione», ha detto il signor Roberto Daloisio, arrivato da Torino con la famiglia. «Cioè, io sono esentato perché ho prenotato la stanza di un B&B, quindi paghiamo già la tassa di soggiorno». Giusto, può andare. Il signor Daolisio si è messo in coda alla biglietteria per i vaporetti: 25 euro per un «daily-pass». «Capisco lucrare», ha detto. «Ma così mi pare un po' troppo».

Ecco i dati del primo giorno: 113 mila domande d'accesso registrate, 15.700 paganti, 97.300 mila esentati. Totale incasso: 78.500 euro. Un mirabile riassunto della situazione era nelle parole di un cameraman accreditato: «Se sei veneto, non paghi. Se hai l'hotel, non paghi. Se sei l'amico di un residente, non paghi. Solo se vieni a mangiarti un panino a Venezia in giornata, allora paghi». È proprio questo l'obiettivo: scoraggiare il turismo meno redditizio. Infatti l'obbligo del ticket inizia alle otto di mattina e finisce alle quattro di pomeriggio.

Venezia dice no alla "gabella" per entrare in città

Così la scena all'uscita dalla stazione di Santa Lucia è questa: in prima fila, giù dai gradini, pettorine gialle e bianche per verificare il codice di registrazione. «Si è registrato? Ha pagato il biglietto?». Nessuno controlla i motivi dell'esenzione. Non il primo giorno, almeno. Se ce l'hai, passi. Dei grossi cubi pubblicitari di colore diverso dovrebbero servire a dividere il flusso dei turisti dai residenti. Lo slogan è: «Venezia è una meraviglia da non perdere? Sì, ma bisogna proteggerla. Inquadra il QR code». In seconda fila, le pettorine dei tassisti ufficiali, in terza fila le pettorine dei «cruise people mover». E in mezzo a tutto, il ruminare dei vaporetti e lo sbattimento dei trolley.

Il sindaco della città, Luigi Brugnaro, si presenta alle 11 di mattina per spiegare le ragioni della sua decisione: «Siamo i primi al mondo a fare questa cosa, ci stiamo provando. Chiediamo scusa per gli eventuali disguidi, ma l'obiettivo è quello di preservare Venezia. Venezia è un bene dell'umanità. A tutti diciamo, venite pure, siete ben accetti, ma dobbiamo elevare la qualità della vita di questa città. Serve il rispetto delle regole. Chissà che anche altri centri storici italiani non possano essere interessati a questa idea di prenotabilità».

Non si può chiudere Venezia. Ma il Comune vuole cercare di scegliere gli ospiti più graditi. Dopo la prima parte sperimentale del progetto, l'Amministrazione conta di arrivare a «un ticket di ingresso con soglia». Così lo chiamano. Significa che chi prenota prima per un determinato giorno, pagherà di meno. Mentre chi vorrà entrare anche dopo il superamento di un certo numero di prenotazioni - la quota è ancora da definire - pagherà di più. Ipotesi allo studio: da 3 a 10 euro.

Mentre i turisti tedeschi, americani e giapponesi si sottoponevano al controllo del biglietto, in piazzale Roma andava in scena la protesta di chi non era d'accordo. «Fuori Brugnaro dalla Laguna!». Erano ragazze e ragazzi, cittadini di Venezia contrari al ticket di ingresso. Ad esempio, Ruggero Tallom del comitato «No grandi navi»: «Solo un matto potrebbe pensare che una tassina medioevale risolva il problema dei flussi del turismo di massa a Venezia. Al contrario: questa Amministrazione sta facendo di tutto per aumentarli. Vogliono riportare la navi da crociera in laguna scavando i canali, vogliono realizzare due hub turistici in terraferma per traghettare i turisti nelle zona ancora un po' libere come Castello e Cannaregio. Brugnaro non sta limitando i Bed&Breakfast, nonostante ci sia una legge che gli consentirebbe di farlo. Questa è la realtà. Non c'è alcun rispetto della città nel chiedere alla persone di rinunciare alla propria libertà di movimento».

La manifestazione parte da Piazzale Roma, l'ultimo parcheggio per le auto prima della laguna. Anche lì ci sono controlli sulle persone che arrivano. Federica Tonibello dell'assemblea sociale per le case: «Non abbiamo bisogno che il Comune faccia ancora cassa sul turismo, ci servono politiche lungimiranti. Ci servono più cittadini residenti, più case e più servizi». Venezia si sta spopolando di abitanti, mentre si riempie di turisti: 20 milioni di visitatori all'anno.

Il corteo va per le calli, sale sui ponti, arriva in Campo Margherita. La professoressa in pensione Andreina Zitelli: «Siamo cittadini liberi in un territorio nazionale libero. Venezia non può essere assoggettata a una gabella». Il professore Luca Pes: «C'è un problema costituzionale, questo provvedimento è un eccesso di controllo sulla vita delle persone. E poi il ticket rende Venezia ancora più turistica. La equipara a un parco di divertimenti».

Sole, splendore. Odore di laguna. Di nuovo davanti alla stazione. Un gruppo di venetisti imbandierati, capitanati da Don Loriano Pellegrini dalla Val di Zoldo: «Il ticket mi pare una boiata». Accanto a lui, un fedelissimo: «Quel ticket è roba italiana, non ci riguarda. Noi non ci sentiamo italiani». Molti sono arrabbiati perché i dati personali della registrazione saranno gestiti da una società privata.

Quando il primo giorno ormai è andato, un controllore accetta di raccontare quello che ha vissuto in prima persona: «Quasi tutti sono arrivati preparati, con la registrazione fatta. Solo sette o otto persone volevano rifiutarsi. Erano veneziani. Dicevano: questa è la mia città, cosa volete? Dopo l'intervento della polizia sono venuti a più miti consigli». Alle 16,01 Venezia era di nuovo identica a se stessa, come sempre unica nel bene e nel male.