Il flop di Rabbit R1 e la cultura dell'hype: l'IA ha molto da dimostrare

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Nel nostro approfondimento sulle potenzialità dell'IA in ambito musicale ci siamo divertitia farle generare un fantomatico spot italiano di Rabbit R1, il dispositivo IA che ha stregato l'edizione 2024 del CES di Las Vegas.

"Il futuro è qui", intona la voce guidata dall'intelligenza artificiale. Peccato, però, che non sia andata propriamente così, dato che, tra accuse e voti negativi, l'uscita di Rabbit R1 negli Stati Uniti d'America non è andata affatto come sperato da rabbit inc. Il flop del prodotto, che ha comunque venduto molto bene nella fase di preordine, scatena un dibattito più ampio, soprattutto dopo aver visto anche gli scarsi riscontri del "gemello" Humane Ai Pin. Dalla cultura dell'hype alle falle comunicative, la vicenda Rabbit R1 ha molto da dirci sul settore Tech in generale.

Dal CES ai 100.000 preorder, fino al disastro

La storia di Rabbit R1 affonda le sue radici nella fame di novità degli appassionati e del settore in generale, alimentata a dismisura dall'arrivo di una rivoluzione chiamata intelligenza artificiale. La cultura dell'hype, dunque: è questo ciò che ha portato in pochi mesi Rabbit R1 a vendere oltre 100.000 unità in preorder, lotto su lotto, prima ancora che qualcuno lo avesse provato a dovere.

D'altronde, il momento si è rivelato perfetto: il mondo smartphone si è appiattito parecchio negli ultimi anni e il settore Tech in generale fatica a trovare la next big thing hardware. In uno scenario simile, la promessa di un formato fisico di tecnologia capace di guardare oltre il guscio di uno smartphone/tablet non può fare altro che attirare la curiosità. Questo soprattutto se associata a un simpatico design arancione curato da Teenage Engineering, nonché a un prezzo allettante rispetto alla diretta concorrenza: 199 dollari senza abbonamento (contro i 699 dollari e 24 dollari al mese di Humane Ai Pin). Nell'era dell'IA, insomma, nonostante i presupposti, i motivi per cui più di qualcuno, noi compresi, ha pensato di dare quantomeno una chance a Rabbit R1 risultano ben chiari. Delle ambizioni del progetto, tuttavia, ci siamo occupati maggiormente nell'approfondimento dedicato all'annuncio di Rabbit R1.

Il disastroso lancio USA è tutto un altro paio di maniche, ma chiariamo subito che la nostra unità di Rabbit R1 deve ancora arrivare, viste le diverse tempistiche di spedizione per l'Europa. Ci sarà dunque sicuramente modo di tornare sul prodotto a mente fredda, ma quanto accaduto all'estero merita indubbiamente di essere approfondito.

Dopo che Humane Ai Pin, il dispositivo IA da "taschino" realizzato da una startup guidata da ex dipendenti Apple, è stato rapidamente messo da parte per via di problematiche varie, l'arrivo sul mercato di Rabbit R1 era visto da molti in modo speranzoso. D'altronde, in virtù della presenza del display e del suo prezzo più contenuto, il dispositivo arancione rappresenta una soluzione decisamente più interessante rispetto al diretto rivale. Tuttavia, già dalle prime prove estere di Rabbit R1 si è iniziato a delineare uno scenario non propriamente idilliaco, a partire dal numero di servizi accessibili direttamente da Rabbithole (il portale Web per collegare gli account), appena quattro. Oltre a Midjourney e Spotify, ci sono solo Uber e DoorDash. La Teach Mode pensata per consentire all'utente di addestrare l'IA a utilizzare altre app, invece, per ora non è disponibile, così come non risultano disponibili tante altre delle funzioni più intriganti promesse da rabbit inc. Questo significa che, al momento, un comune smartphone consente di fare molto di più rispetto a Rabbit R1, a volte anche in modo più veloce. Le prime prove avevano già evidenziato il fatto che si trattasse di un prodotto lanciato in una sorta di early access, sull'onda dell'entusiasmo. Nessuno, però, si aspettava quello che sarebbe accaduto nei giorni successivi.

A fine aprile 2024, infatti, è stata mossa a rabbit inc. l'accusa di aver mascherato un'app Android dietro a Rabbit R1. Un articolo del portale Android Authority sostiene, infatti, di essere riuscito a ottenere un file APK legato all'interfaccia del dispositivo e di aver avuto la possibilità di avviare delle conversazioni con l'IA da un Google Pixel 6a. Da lì in poi, il Web si è scatenato. Una delle frasi più diffuse? "Poteva essere un'app".

L'azienda, però, si è sbrigata a fornire una risposta ufficiale, mettendo in chiaro che Rabbit OS e LAM dispongono di una base AOSP "molto personalizzata", ma che senza un appropriato sistema operativo, senza modifiche firmware e senza cloud questo tipo di soluzione non può funzionare come si deve. Il CEO di rabbit inc. Jesse Lyu ha dunque chiesto all'utenza di non scaricare emulatori non ufficiali dal Web, considerando anche che questi possono rappresentare un pericolo in termini di sicurezza. "Rabbit R1 non è un'app Android", ha affermato il CEO, ma ormai la frittata è stata fatta e la conferma della presenza di una base AOSP (Android Open Source Project) non è di certo passata inosservata tra gli appassionati, tanto che in un altro articolo di Android Authority viene messo in luce il fatto che il dispositivo potrebbe utilizzare Android 13 "dietro le quinte".

Ma non è finita qui: la vicenda ha immancabilmente attirato l'attenzione sull'effettivo funzionamento di Rabbit R1, portando molte persone a cercare di scoprire se ci fosse dell'altro. Ecco, allora, che a inizio maggio 2024 non è passato inosservato il fatto che un breve disservizio delle API di ChatGPT sembra aver reso temporaneamente inutilizzabile la funzione push-to-talk del dispositivo. Certo, è sempre stato chiaro che il dispositivo funzionasse con più LLM, compreso quello di OpenAI, ma sicuramente il tempismo del disservizio non ha contribuito a migliorare il quadro generale.

Il "colpo finale" è arrivato con l'uscita delle recensioni estere. The Verge ha dato 3/10 a Rabbit R1, salvando solamente prezzo, design e microfono. Il titolo della recensione lascia spazio a pochi dubbi: "nulla da vedere qui". Non è andata meglio sulle pagine di Wired, per un'altra recensione da 3/10 che consiglia di "saltare" questo prodotto. Le limitate funzioni disponibili vengono indicate tra i principali difetti, ma ci sono anche la lentezza in determinate risposte e la scarsa autonomia a delineare un quadro diverso da quello sperato. Se poi si guarda alle problematiche, riscontrate persino con quei pochi servizi integrati, ad esempio al mancato riconoscimento delle richieste relative alla riproduzione di canzoni su Spotify, il riassunto è che uno smartphone moderno svolge già in modo ottimale operazioni che Rabbit R1 semplicemente non è in grado di compiere. Tutto questo senza contare le allucinazioni che l'utilizzo dell'intelligenza artificiale può potenzialmente mettere sul piatto. Certo, questa tipologia di dispositivo può migliorare con futuri aggiornamenti software, ma vista la base di partenza sembra realistico pensare che ci vorrà ben altro per dare effettivamente il via all'era degli agenti intelligenti descritta da Satya Nadella. Ci riserviamo di effettuare le dovute valutazioni quando Rabbit R1 arriverà dalle nostre parti, ma per il momento la direzione sembra essere ben delineata.