Rischio colesterolo: cause, farmaci e terapie

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La malattia cardiovascolare è la prima causa di morte nel mondo. Ogni anno sono più di 4 milioni i morti in Europa mentre in Italia colpisce 230.000 persone e causa il 35,8% di decessi: una persona su 3 muore per questo. Le linee guida per la prevenzione delle malattie cardiovascolari considerano queste patologie come il prodotto di diversi fattori di rischio. Alcuni sono modificabili, come sovrappeso o obesità, stile di vita sedentario, abitudine tabagica, abuso di alcol, altri invece non lo sono, come i fattori genetici, storia familiare per eventi cardiovascolari, età e genere, presenza di patologie come ipertensione, diabete, le dislipidemie. Ne parliamo con Monica Antonini, dirigente medico presso l'Unità complessa di Endocrinologia e Malattie del metabolismo dell'Azienda Universitaria Ospedaliera di Parma.

Cosa si intende per dislipidemia?

«Con questo termine si intende un aumento dei valori ematici di colesterolo e trigliceridi o di entrambi. Livelli elevati di colesterolo, in particolare di colesterolo LDL (Low Density Lipoprotein), noto come "colesterolo cattivo", sono direttamente correlati con l'aumento del rischio cardiovascolare».

Quali sono le cause?

«Le dislipidemie possono avere cause primarie o secondarie. Le cause primarie sono rappresentate da mutazioni genetiche, singole o multiple, che determinano una eccessiva produzione o una difettosa eliminazione di trigliceridi e di colesterolo LDL, o da una ridotta produzione o eccessiva eliminazione di colesterolo HDL, il cosiddetto "buono". Tra le cause secondarie: stile di vita sedentario, associato ad un apporto dietetico eccessivo di calorie totali e grassi saturi, alcune malattie tra le quali il diabete, la nefropatia cronica, cirrosi biliare primitiva o ipotiroidismo».

A quali rischi espone e quali sono le terapie?

«La dislipidemia può causare malattie vascolari (infarto, ictus, arteriopatia periferica degli arti inferiori) o pancreatiti acute. Alcuni segni locali di elevati livelli plasmatici di colesterolo sono xantomi cutanei o xantelasmi, ossia accumuli di grasso a livello rispettivamente della cute o delle palpebre. La diagnosi si pone con un semplice prelievo di sangue. La terapia è personalizzata in base al rischio cardiovascolare individuale e all'obiettivo terapeutico da raggiungere. Per valutare il rischio facciamo riferimento alle carte Score che consentono una stima delle probabilità di eventi cardiovascolari fatali entro i 10 anni successivi all'osservazione iniziale, in un paziente senza storia di malattia arteriosclerotica. A seconda del rischio valutato per ogni paziente, riusciamo a determinare il target di LDL e ad impostare la terapia più adatta».

A livello farmacologico, quale terapia può essere utilizzata?

«Qualora fosse indicata una terapia farmacologica, disponiamo di farmaci che inibiscono la produzione epatica di colesterolo, come le statine, tra i più usati al mondo, efficaci e sicuri, ai quali si possono associare terapie che riducono l'assorbimento intestinale di colesterolo, come l'ezetimibe. Negli ultimi anni l'introduzione degli anticorpi monoclonali, somministrati sottocute con cadenza bisettimanale o mensile, ha svolto un ruolo chiave nei pazienti intolleranti alle statine e nei pazienti ad alto rischio che non raggiungevano il target con la terapia convenzionale».

Gli integratori per il controllo di colesterolo e trigliceridi sono realmente efficaci?

«Gli integratori sono molteplici e le sostanze contenute nei vari prodotti sono diverse. Tra le principali: berberina, policosanoli, fibre solubili (per esempio i betaglucani), fitosteroli, riso rosso fermentato. Quest'ultimo è molto utilizzato per la ricchezza di monacolina K, in grado di abbassare i livelli del colesterolo fino al 20%. Berberina e policosanoli hanno effetti meno marcati, spesso per rafforzarne l'efficacia, si trovano nei prodotti in associazione al riso rosso fermentato o ai fitosteroli. Gli Omega3 invece risultano molto efficaci per ridurre i valori di trigliceridi. Gli integratori vanno sempre prescritti sotto controllo medico, in particolare quelli a base di riso rosso fermentato, per la loro azione simile a quella delle statine. Sebbene, il dosaggio di principio attivo sia basso, in alcuni soggetti può causare gli stessi effetti collaterali delle statine, ad esempio i dolori muscolari».

Quanto è possibile ridurre il colesterolo attraverso la dieta e l'attività fisica?

«La dieta incide per circa il 20% nella quota totale del colesterolo. Vari studi tuttavia hanno dimostrato che un intervento sullo stile di vita modifica sensibilmente il rischio cardiovascolare agendo sui fattori che lo producono (livelli di colesterolo e trigliceridi, valori pressori, glicemia), pertanto deve essere raccomandato a tutti i pazienti. Anche l'attività fisica gioca un ruolo chiave, così come la riduzione del peso corporeo. Diversi studi hanno dimostrato che la dieta mediterranea sia la più efficace e bilanciata. La riduzione nell'assunzione di acidi grassi saturi, al di sotto del 7% dell'energia totale della dieta, è uno dei principali aspetti dell'intervento, con attenzione maggiore al miglioramento qualitativo piuttosto che ad una riduzione quantitativa dei lipidi. Non tutti i pazienti affetti da dislipidemia sono in sovrappeso o obesi. Nelle forme familiari i pazienti sono tendenzialmente giovani e normopeso, nei pazienti in sovrappeso invece la dislipidemia è spesso presente. Particolare importanza assume il grasso viscerale, correlato alla dislipidemia e all'aumento del rischio cardiovascolare. Anche piccoli aumenti rispetto alla normalità hanno un loro impatto, pertanto i cut-off relativi alla circonferenza vita sono particolarmente severi nelle linee guida europee delle società scientifiche. In conclusione, "The Lower is better": abbassare i valori di LDL con tutte le terapie disponibili è una strategia efficace e sicura».