Paola Ferrari: «A 15 anni lasciai la scuola. Le nozze con De Benedetti? Suo padre non tifava per me»
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diMichela Proietti La giornalista: «A bordo campo Liedholm mi offriva il tè». La corte di Berlusconi: «A cena con Montanelli mi sfilò il fermaglio di finta madreperla e disse: "La mia donna non deve indossare nulla di falso". Ero ferita, decisi di non vederlo più» Paola Ferrari, milanese, giornalista, produttrice e conduttrice televisiva di programmi come La Domenica Sportiva e 90° Minuto. È dunque lei la regina del calcio? Ha sempre voluto fare la giornalista? Cosa è successo? Si ricorda il primo episodio di violenza? Suo padre non la difendeva? Cosa le hanno lasciato quegli anni? Come è uscita dall'incubo? Enzo Tortora. Il calcio d'inizio? Da Tortora a Mazzola. Cosa aveva lei di così speciale da colpire tutti questi maestri? Come ha colmato la lacuna degli studi? Erano gli anni della Milano da bere. Marco De Benedetti, suo marito, l'ha conosciuto così? Colpo di fulmine? Suo marito l'ha corteggiata con insistenza? Anche suo suocero faceva il tifo per lei? Le presentazioni in casa De Benedetti. Si impara in fretta a fare la «signora»? Quella che gli uomini definiscono una rompicog....? Con suo suocero vi scontrate spesso: l'ultimo episodio riguardava Giorgia Meloni. Si sente una femminista di destra? Dalla parte delle donne, ma in polemica a volte con loro. Diletta Leotta, ad esempio. Melissa Satta le ha dato della «rosicona». Viene attaccata per essere la «moglie di»? È andata così? Cosa ne pensa dell'addio di Amadeus? Progetti per il futuro? Facciamo nomi e cognomi: Alba Parietti. Il giocatore preferito. L'allenatore migliore. Il nome del suo corteggiatore più famoso. E lui? 5 maggio 2024 ( modifica il 5 maggio 2024 | 07:21)
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«Ho fatto per prima quello che poi è stato imitato da altre. Sono una che vuole sempre abbattere le barriere, aver aperto la strada è un vanto. Ora mi aspetto che le colleghe conquistino altre postazioni, ma a bordo campo ci sono stata per prima io: Nils Liedholm mi faceva portare il tè caldo e un poliziotto mi diede i guanti di gomma delle perquisizioni per infilarli sopra alle calze, stavo congelando».
«Sì, abitavo in zona Città Studi e sotto casa mia c'era un bar dove veniva Beppe Viola. Indossava un cappotto pesante, ero incuriosita dal suo lavoro. Dicevo a tutti: lo voglio fare anche io. Mio padre mi portava a vedere le partite all'Arena con i fogli di carta di giornale sulla pancia per non farmi prendere freddo. Fino a 7 anni è stata una bella infanzia, poi è iniziato l'inferno».
«Mia madre ha avuto un forte esaurimento ed ha cominciato ad essere molto violenta. Ai tempi non c'era Telefono Azzurro: ha cercato di uccidermi almeno tre volte, la prima annegandomi. Si accaniva anche contro mia nonna inferma e le dava delle forbiciate sulle braccia».
«Ero tornata da scuola e raccontai il tema che avevo svolto: "Il tuo animale preferito". Dissi che avevo scritto il cavallo e lei diventò un diavolo: avrei dovuto scrivere il cane. Ricordo che tremavo di paura».
«Si disinteressava: era come se quello che succedeva in casa non lo riguardasse, più tardi ho scoperto che aveva una relazione extraconiugale dal quale era nato un figlio, morto a 45 anni. Oggi papà ha 94 anni e mi occupo di lui. Mia madre non riesco ad andare a trovarla al cimitero».
«Non ho paura di niente, le violenze mi hanno dato forza di andare contro le avversità: l'aggressività che ogni tanto esprimo è frutto di quello. Quando sono rimasta incinta non sapevo che mamma sarei stata: ricordo un senso di perplessità. Poi sono stata una buona madre».
«Sono andata a vivere da mia zia a Busto Arsizio. Ho dovuto interrompere gli studi a 15 anni e ho iniziato a mantenermi. Un giorno un amico mi ha invitata tra il pubblico di Telealtomilanese. Il regista mi fece un primo piano e venni notata da Enzo Tortora: avevo 16 anni».
«Un secondo padre. Mi venne a cercare in tutta Busto Arsizio e disse che avrebbe voluto portarmi in Rai, stava per partire Portobello. Mi dava del lei: "Mi chiami". Il numero era quello della sorella: ci teneva a farmi sentire al sicuro, senza doppi fini. Gli telefonai e iniziai a lavorare in trasmissione, ero una centralinista».
«A Telenova e poi Telelombardia, dove ho ricordi stupendi: mi notarono Sandro Mazzola e Tito Stagno, che mi chiamarono a collaborare per i Mondiali del 1990. Entrai in Rai».
«Mi dicevano che non ero mai banale nel mio lavoro. All'epoca non esistevano donne che si occupavano di calcio: c'era Rosanna Marani della Gazzetta dello Sport e mi piace ricordarla».
«Non aver completato le scuole è stato un handicap per lungo tempo. Ho sostenuto un esame di cultura generale per completare due anni di liceo: solo così ho potuto fare l'esame da professionista. E poi tanta gavetta».
«Ho vissuto sette vite: dagli anni di Piombo all'edonismo degli Ottanta, con i concerti di Prince, locali come il Nephenta, l'arrivo delle modelle americane che portavano via i fidanzati alle milanesi. Terry Broome la conoscevamo tutti, i locali chiudevano alle due di notte e allora si andava a casa di qualcuno».
«No, ci ha presentati Alba Parietti, che è una delle mie migliori amiche. Mi ha costretta ad accompagnarla a una cena dove c'era anche lui: non volevo andare, mi ha tirata fuori dalla vasca da bagno».
«Macché. Mi ero appena sfidanzata: un legame di otto anni con uno apparentemente perfetto. Di notte lo guardavo mentre dormiva e dicevo "non è lui". Le persone per capirle le devi guardare mentre dormono».
«Dopo quattro mesi mi ha chiesto di sposarlo. Si è dato molto da fare per conquistarmi, aiutato anche dalla mamma Mita, che era un'amica di Alba e poi è diventata anche amica mia. Lo metteva al corrente dei pranzi ai quali partecipavo e lui passava per il caffè...».
«Non credo. All'inizio pensava che fossi una delle tante, che me ne sarei andata in fretta. Quando ha capito che potevo restare non è stato molto carino, mi ha lanciato più frecciatine».
«In montagna, in una casa stupenda accolta da camerieri in guanti bianchi. Io che arrivavo da un contesto diverso ero colpita, ma quel mondo non mi ha cambiata. A Marco ho detto subito che con me si poteva scordare le cene di rappresentanza: a casa invito solo gli amici».
«Con una facilità che neanche immagina: ne ho viste tante che dopo un mese, con una scusa, hanno smesso di lavorare. Ho fatto tanti anni timbrando il cartellino, ma non mi sento più brava, ho fatto solo quello che volevo».
Qual è il segreto di 28 anni di matrimonio?
«Sono sanguigna, mi arrabbio, sbraito, gli faccio fare delle figuracce. Però con me Marco non si annoia mai. Se lo vedo sul divano un po' apatico lo stuzzico con qualche battuta».
«Di più. Ma sono come un filetto in crosta: ho un esterno duro e un interno tenero».
Ha avuto mai una sbandata per un altro?
«Mi attribuiscono spesso fidanzati, in realtà con Marco siamo molto uniti. Anche lui è ambito: ieri sera a cena c'era una che lo puntava. Se vuole glielo presto per un anno, poi però me lo riprendo!».
«Mi è dispiaciuto che usasse certi toni verso una donna e una politica che sostengo da anni e non solo ora che è Presidente del Consiglio. La pensiamo diversamente su tante cose, ma mentre io adoro il confronto lui è abituato ad avere il mondo dalla sua parte. Lo stimo e gli voglio bene, ma abbiamo perso un'occasione: aveva in famiglia una donna diversa, con cui discutere».
«Sì. Continuo a usare il mio cognome, anche se mio marito nella email mi ha aggiunto un "db" che però genera confusione. Anche all'estero, quando prenotiamo, usiamo il mio: Ferrari, come la macchina, lo capiscono tutti».
«È molto brava e porta introiti pubblicitari. Però se mi chiede se vorrei che mia figlia Virginia fosse come lei, allora le rispondo di no. Oggi va di moda rivendicare la propria libertà mostrandosi senza vestiti: il tempo di Mary Quant è passato. Nobilitare il nudo con il femminismo mi pare una meschinità: una volta non volevamo sembrare belle ma brave, ora vogliono essere prima di tutto belle, è un passo indietro».
«Mi è spiaciuto: quando ho commentato il suo gesto di togliersi la giacca in trasmissione, era contro le battute maschili che ne sono seguite. Lei ha pensato che ce l'avessi con lei. Non sono invidiosa, piuttosto sono stata invidiata».
«Una volta all'ambasciata italiana a Washington mi sono presentata a Mario Draghi dicendogli: "Sono la moglie di Marco De Benedetti". Lui mi ha risposto: "Sarà lui che è suo marito"! Se hai un uomo importante devi lavorare il triplo, per dimostrare che vali. Più volte Marco mi ha chiesto di lasciare la Rai, era certo che avrei sofferto e subito ingiustizie».
«Sono una donna Rai, amo la mia azienda e anche se è una realtà spigolosa sono fiera di farne parte: non cambierei mai. Ma piacerebbe cimentarmi sull'infotainment. E mi dispiace quando dicono che devono svecchiare e poi mettono un uomo della mia età».
«Ho iniziato a lavorare con lui a Radio Deejay, dove Cecchetto mi aveva affidato i notiziari. Penso che davvero lui abbia fatto una scelta di vita».
«Continuare a realizzare i documentari che produco per Lucisano Film, di cui sono socia. Ne ho fatto uno anche su Charles Bukowski».
«Ancora oggi una delle mie amiche più care. Una selvaggia. Se c'è bisogno corro. E lei anche».
«Roberto Baggio, mi piacciono i numeri 10».
«Arrigo Sacchi. E poi Liedholm».
«Silvio Berlusconi. L'ho conosciuto a 20 anni a Telemilano. È iniziata una frequentazione platonica, la sua segretaria mi aveva avvisato che stava uscendo anche con Veronica. Durante una cena nella casa di via Rovani con Montanelli, mi sfilò dai capelli il fermaglio di finta madreperla. "La mia donna non deve indossare nulla di falso", disse. Ero ferita, decisi di non vederlo più».
«Ci siamo sempre rispettati e mi manca. Pochi anni fa mi disse: "Paola ho saputo che tuo suocero mi vorrebbe vedere morto". Non se ne faceva una ragione. Ho fatto di tutto perché i due vecchi leoni potessero bere un caffè. È una di quelle cose che rimprovero a mio suocero, di non averci almeno provato».