Mamadou: «Caserta mi ha accolto, ma ora sia più inclusiva»

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La Costa d'Avorio nel cuore. E negli occhi l'immagine dell'Italia e della comunità che lo ha accolto nel 2009.

È così, con questo dualismo, che convive da 15 anni Kouassi Pli Adama Mamadou, quarantenne, attivista e leader del movimento migranti e rifugiati di Caserta, premiato ai David di Donatello per il film "Io Capitano" del regista Matteo Garrone, che a lui si è in parte ispirato per raccontare questa storia. 

Prima il Leone d'argento a Venezia, poi la candidatura agli Oscar, infine l'assegnazione di ben 7 statuine nell'ambito della premiazione di venerdì a Cinecittà. Il successo di questo film non sembra conoscere ostacoli.

«È una storia potente, che trae spunto dalla realtà, e che sta registrando consensi ovunque, che mostra i pericoli cui vanno incontro tutte quelle persone che scappano dai loro Paesi di origine nella speranza di una vita migliore.

Ma è anche uno strumento importante attraverso il quale costruire un percorso nuovo che insegni, soprattutto alle nuove generazioni, a riconoscere diritti e valori umani. L'emozione più grande è stata infatti proiettarlo nelle scuole. È quello l'obiettivo. E anche il traguardo. È ciò che tentiamo di fare da sempre anche a Caserta con gli operatori e i volontari del centro sociale ex Canapificio del quale faccio parte. Costruire ponti per restituire dignità alle persone. L'ho detto anche sul palco».

Cosa ha detto oltre ad aver ringraziato Caserta?

«Quando sono arrivato in questa città, ho trovato un tessuto sociale accogliente, una struttura che mi ha seguito e ha fatto sì che potessi uscire dalla clandestinità e dallo sfruttamento riuscendo a ottenere un permesso di soggiorno. Era attivo un progetto Sai attraverso il quale ho potuto far valere le mie capacità di mediatore culturale. Oggi non è più così. I migranti che arrivano sono disorientati. Non trovano rifugio. Non c'è una sede dove poterli incontrare per discutere dei loro problemi e delle loro esigenze, non c'è un centro di accoglienza perché il progetto Sai è stato sospeso. Tutto ciò è molto grave».

Ha scritto al sindaco Carlo Marino, perché?

«Gli ho scritto molte volte in verità. L'ultima proprio oggi. Ma non ho ancora ricevuto una risposta. Vorrei incontrarlo per sapere se ci sono chances di riattivare il servizio di accoglienza integrata dei migranti adulti, dopo la revoca dei fondi da parte del Ministero dell'Interno. Io credo ancora che sia possibile e conosco bene l'importanza di questo progetto. Così come sono certo del fatto che una buona accoglienza contribuisca a valorizzare il territorio. Al primo cittadino vorrei chiedere aggiornamenti anche sull'ex Onmi, l'edificio di viale Beneduce destinato a diventare una Casa del sociale, che attende da lungo tempo di essere ristrutturato».

La comunità le riconosce un ruolo di cittadinanza attiva. È stato operatore del Piedibus, ha tenuto lezioni gratuite di inglese e francese per i bambini del quartiere Acquaviva, svolge attività di volontariato. Quali sono i suoi rapporti con la città?

«I rapporti con la città sono stati sempre ottimi. Darsi da fare e contribuire a migliorare la realtà nella quale si vive fa parte del resto di quel percorso di integrazione di cui mi sono reso portavoce. E aiuta anche a costruire legami. È importante emerga il fatto che noi migranti facciamo parte a pieno titolo del tessuto sociale di Caserta. E in quanto tali lottiamo per una città senza barriere, una città in cui possa essere messa al bando ogni forma di razzismo».

E con la Chiesa?

«C'è grande sinergia con la Curia, con la Caritas e con l'Istituto diocesano di sostentamento clero. Insieme stiamo lavorando per riaprire alla città l'area dell'ex Macrico. Il vescovo, monsignor Pietro Lagnese, don Antonello Giannotti e don Antimo Vigliotta sono molto presenti. È una sfida quella che stiamo portando avanti della quale potranno beneficiare tante persone in futuro».

Come è cambiata oggi Caserta rispetto al suo arrivo qui quindici anni fa?

«Ho conosciuto una città che era il simbolo dell'accoglienza. Oggi stiamo perdendo questo primato e ciò mi rattrista molto. Ma non sono sfiduciato. Continuerò a battermi e a tenere alta l'attenzione su questi temi affinché Caserta possa tornare ad essere una città pienamente inclusiva».