Effetto Balocco, come cambia il mondo degli influencer? - iO Donna

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Il Tribunale di Torino ha accolto il ricorso del Codacons, accertando la "pratica commerciale scorretta" e  "l'ingannevolezza dei messaggi lanciati al pubblico". È l'ennesima sentenza contro Chiara Ferragni, dopo quella dell'Antitrust, che l'ha condannata a pagare una multa da oltre un milione di euro. Da quando è scoppiato il caso Balocco, se lo chiedono in tanti: è la fine degli influencer? Solo la fine di Chiara Ferragni? Forse, nemmeno questo. Secondo Jeoffrey Romano, classe 1992 e un'agenzia di influencer marketing, la JR Studio, da 1 milione e mezzo di fatturato nel 2023, la principale caratteristica del mondo digital sarà la sua forza anche nel prossimo futuro. «Siamo flessibili, sappiamo rielaborare tutto».

L'effetto Balocco secondo Jeoffrey Romano

La carriera di Jeoffrey Romano è iniziata 13 anni fa, dopo un corso alla Central Saint Martins di Londra pagato con i soldi guadagnati servendo birra in un locale di provincia.

«Ho inviato 5 gift Tokidoki x Karl Lagerfeld a 5 blogger italiane, all'epoca si chiamavano così. È stato il primo dei numerosissimi seeding che ho seguito fino ad oggi». Seeding. Ovvero, nel gergo dell'influencer marketing, la semina di prodotti destinati a germogliare: in contratti, campagne di marketing e soldi, parecchi soldi.

I risultati dipendono dalla forza del personaggio su cui si sono "seminati" il prodotto e il contratto. Volendo, anche dal suo allineamento ai valori del brand. Funziona così finché qualcosa non va storto. E niente era mai andato storto, in Italia, fino al Pandoro-gate.

Jeoffrey Romano, foto di Matteo Bianchessi

«La fine dell'influencer marketing? Nessuno sa adattarsi come noi»

«La verità è che nel digital facciamo tutti tutto per la prima volta: non c'è niente di consolidato e non ci sono termini di paragone», spiega Romano. «Siamo in continua evoluzione, e questa è la nostra debolezza ma anche la nostra forza. Come ogni strategia di influencer marketing può sempre essere rielaborata se non va o se al cliente non piace, così credo che il settore saprà adattarsi agli eventi e ai cambiamenti».

Aziende che, recentemente, abbiano scelto di disinvestire dal sistema degli influencer? Romano non ne vede. «Siamo sopravvissuti a una Fashion Week e a una Design Week nonostante il Pandoro gate, e senza problemi. Però è vero che c'è un'atmosfera sospesa, come se aspettassimo qualcosa. E qualche cliente lo specifica: per i miei prodotti voglio influencer di comprovata lealtà, affidabilità e trasparenza». L'effetto Balocco, insomma, si avverte.

Dagli influencer da milioni di follower ai content creator con qualcosa da dire

Sta poi prendendo piede la tendenza a selezionare i talent in modo diverso: «C'è chi, all'influencer che fa grandi numeri da strapagare per un evento one shot o per un selfie in ascensore preferisce il content creator. Uno che magari fa altro nella vita oltre a indossare borse: che magari ha meno follower ma è molto allineato ai valori del brand». Attori, musicisti e sportivi, per esempio, che sappiano essere coinvolgenti e ironici. Ma anche, perché no, «una fiorista da 50 mila follower, se è capace di portarci dentro il suo mondo di creazioni botaniche e intanto di raccontarci la sua interpretazione, per esempio, di una scarpa». Questo, assicura Romano, funziona.

Perché funzionano gli influencer?

E se continua a funzionare è perché «alle aziende una pagina pubblicitaria su un giornale costa tre volte l'ingaggio di un influencer. Ma ingaggiando tre influencer può intercettare tre target diversi, ben definiti e sicuri. Può diffondere i contenuti in modo tracciabile, immediato e con varie possibilità di call to action (cioè di link all'e-commerce dell'azienda stessa). Questo è un grande valore aggiunto», spiega l'agente.

Le nuove regole dell'Agcom dopo il caso Balocco

È però necessario che le regole di trasparenza che valgono per i media tradizionali valgano però anche per gli influencer. Questo, in fondo, prevedono le nuove linee guida dell'Agcom pubblicate dopo il Pandoro-gate, secondo cui i contenuti pubblicitari dovranno d'ora in poi essere ben evidenziati nei post con un'apposita scritta. E gli stessi influencer dovranno essere chiaramente individuabili e contattabili.

Due criteri che però valgono solo per chi ha almeno 1 milione di follower sulle varie piattaforme e supera - su almeno una piattaforma o social media - un valore di engagement rate medio pari o superiore al 2%. «Già adesso qualche influencer ipotizza di aprire un secondo profilo per aggirare la norma», ammette Romano. «Ecco: io credo che la regola sia giustissima ma debba valere per tutti».

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