Gazprom, il flop e le sanzioni: ma il petrolio spinge le entrate per Mosca

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Quando pubblica i propri sondaggi in Russia, Levada deve avvertire per legge di essere stato bollato dal governo come «agente straniero» e che il suo materiale è vietato ai minori di 18 anni. Levada non è un centro studi di regime; difficilmente rinuncia a comunicare le sgradevoli verità. Eppure una sua rilevazione uscita giovedì mostra come Vladimir Putin, con la sua propaganda, riesca ancora a fare breccia nella testa dei russi: il 50% degli intervistati ritiene che dietro l'attacco al Crocus City Hall del 22 marzo — che ha fatto 145 morti a Mosca — ci siano i servizi segreti ucraini, il 37% che ci siano i servizi occidentali e solo l'11% pensa i responsabili siano gli estremisti islamici dell'Isis, benché quest lo abbiano apertamente rivendicato.

Il controllo di Putin sull'economia russa e il costo della guerra

Putin, in Russia, ha in pugno le coscienze di un'ampia parte della società. Ma ha ancora un controllo altrettanto ferreo sul bilancio pubblico e sull'economia in genere, che gli serve a finanziare l'aggressione all'Ucraina e a pagare i programmi di sussidi all'interno, il welfare e i mutui agevolati alle famiglie sempre più necessari a proteggere la popolarità del regime? Di recente alcuni segni di scollamento, qua e là, sono diventati visibili. Giovedì Gazprom, il monopolio pubblico del gas, ha presentato i primi conti annuali in perdita da almeno un quarto di secolo: con il drastico calo delle forniture all'Europa, nel 2023 i ricavi da metano sono crollati del 60% sull'anno prima e il gruppo ha chiuso con un rosso equivalente a 6,4 miliardi di euro. Anche altri segni tradiscono il costo della guerra e delle sanzioni. Nei primi tre mesi del 2024 le importazioni sono in netto calo (almeno del 10% in valore) rispetto allo stesso periodo di un anno prima, molto probabilmente perché gli Stati Uniti stanno minacciando di mettere sotto sanzioni le banche cinesi che aiutano Mosca e queste ora stanno esitando a finanziare i contratti commerciali russi.

Il peso delle sanzioni in un'economia di guerra

Ma, visti dalla prospettiva di Vladimir Putin, i segni di forza dell'economia e del bilancio russo sembrano ancora prevalenti. Le entrate da petrolio e da gas fanno da sole quasi metà del gettito dello Stato e nei primi tre mesi dell'anno viaggiano del 79% sopra i livelli di un anno fa. Anche le altre entrate sono cresciute (del 24%), al punto che il governo sembra comodamente sulla rotta per chiudere l'anno con un deficit sotto all'1% del prodotto lordo — da fare invidia a chiunque in Europa — malgrado la conversione della Russia in un'economia di guerra. Le spese militari e di repressione saliranno quest'anno del 48% rispetto al 2023, arrivando al record di quasi il 40% di tutta la spesa pubblica. Di questo passo anche l'anno prossimo e nel 2026, viste le riserve sovrane in oro, Putin potrà mantenere il budget dei militari ai livelli grotteschi attuali. C'è una ragione di fondo: non stanno funzionando le sanzioni del G7 sul petrolio russo, che si vende a prezzi ben oltre i «tetti» indicati dai Paesi democratici grazie a una flotta di petroliere mal assicurate, di proprietà oscura e pericolosissime per l'ambiente in caso di incidenti sul mare.

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3 maggio 2024 ( modifica il 3 maggio 2024 | 22:35)

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